Formaggi senza latte, Brescia sfida l'Europa. Rolfi (Lega): deregulation settore caseario avrebbe effetti devastanti

formaggi BSLa deregulation avrebbe effetti incontrollati e incontrollabili sulla filiera casearia provinciale ma anche sui consumatori.

È come pretendere di suonare il violino senza archetto, preparare un fritto di paranza senza pesce, far cantare il tenore in play back alla prima della Scala, schierare fra i pali Messi. Fuor di metafora il pacchetto di norme europee sulle produzioni continentali rischia di trasformarsi in un «pacco» senza precedenti per il comparto caseario italiano e, in particolare per la filiera bresciana che in fatto di formaggi a lunga stagionatura vale il 12% della produzione nazionale. L'allarme di una deregulation delle norme continentali che nel breve periodo consentirebbe di produrre formaggio senza latte con effetti negativi su caseifici e consumatori lanciato dalla Coldiretti sta trovando sempre più sponda nelle istituzioni.

LA PAROLA D'ORDINE è difendere la legge numero 138 dell'11 aprile 1974. Quella che da oltre 40 anni conferisce all'Italia il primato internazionale della produzione casearia sfruttando anche il completo divieto dell'utilizzo della polvere.

Un elemento quest'ultimo, che, promosso dall'Unione Europea, rischia di far abbassare notevolmente la qualità del prodotto caseario nazionale oltre ad elevare il rischio di frodi e la perdita della tradizione legata al latte fresco e alle sue proprietà nutrizionali e organolettiche. Peculiarità trasferite conseguentemente anche ai derivati come latticini, formaggi e yogurt.

LA STRATEGIA per la difesa dell'«oro bianco» della nostra provincia è stata definita in un incontro convocato alla Bresciangrana di Offlaga.  Davanti a un centinaio di imprenditori agricoli e caseari, Ettore Prandini, presidente regionale di Coldiretti. «In Italia si deve produrre come si è sempre prodotto, ovvero utilizzando latte fresco per fare i formaggi - ha affermato Prandini -. Purtroppo l'idea della materia prima in polvere, partita da multinazionali, rischia di togliere il segno distintivo della produzione tradizionale. Le nostre strategie - ha continuato il leader della Coldiretti - per evitare che ciò possa avvenire sono da concentrare in Europa, il luogo dove vengono avallate e fatte le scelte: è in quelle sedi che abbiamo il dovere di difendere la nostra produzione».

Il consigliere regionale della Lega Nord Fabio Rolfi ha posto l'accento sul risiko commerciale che sta dilaniando il continente. «Ci sono interessi divergenti nel Nord Europa rispetto ad un Paese come l'Italia che fa della tradizione lattiero casearia uno dei suoi punti di forza - ha commentato Fabio Rolfi -. Le conseguenze che il cambiamento dal latte tradizionale a quello in polvere sarebbero devastanti: significherebbe distruggere le filiere italiane Dop con conseguente ricaduta sull'occupazione. Le perdite di posti di lavoro sarebbero riconducibili all'immissione sul mercato di prodotti a prezzi più bassi e competitivi». Per Rolfi «è necessario valorizzare la qualità e la tradizione della produzione di latte ed è per questo motivo che chiediamo un intervento deciso del mondo politico, partendo dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina».

 

L'assessore regionale all'Agricoltura Gianni Fava ha bollato come «remissivo atteggiamento del Governo italiano che dovrebbe difendere le eccellenze agroalimentari» e giudicato «preoccupante l'atteggiamento di una parte dell'industria italiana che ha scelto una strada diversa da quella tradizionale per andare a competere su mercati internazionali»

 

Alessandro Maffessoli per Bresciaoggi.it