Lodigiano, Guidesi: «Prima di scegliere tra Milano e Pavia, decidiamo cosa vogliamo diventare...»

LODI_AEREA«La riforma Delrio è decisiva per il Lodigiano. Dal punto di vista istituzionale il nostro territorio muore, tutto quello che può essere alternativo diventa comunque una seconda scelta rispetto alla privazione dell’autonomia». Guido Guidesi, deputato della Lega Nord, è convinto di almeno tre cose. La prima: la Città metropolitana non è l’ente intermedio giusto fra comuni e Regione e non sarà eventualmente garanzia di autonomia e prosperità per i territori che vi entreranno. La seconda: prima di decidere da che parte andare, se a Milano o con Pavia e Cremona, il Lodigiano dovrà stabilire cosa vuole diventare. La terza: sarebbe bene riaprire il dibattito sul federalismo fiscale. Tre buone ragioni, dice, affinché il territorio si confronti. E trovi un metodo per farlo.

Questione di metodo o di volontà? «Noto che in questo momento su questi temi c’è solo polemica spiccia, non un confronto».

Per qualcuno stiamo perdendo tempo, per altri è presto per decidere. Lei che dice? «Mi auguro solo che ci possano essere occasioni per avviare una discussione che sia rappresentativa dell’intero territorio».

L’assemblea del Lodigiano non lo è? «È nata come operazione di compensazione politica. Il Pd dopo aver deciso che il presidente della Provincia non doveva essere più eletto dai cittadini ha pensato di fare un’operazione di facciata. Tutto qui».

Pensa che la nostra autonomia sia a rischio? «Con l’abolizione della Provincia al Lodigiano manca una prospettiva, non siamo in grado ci conoscere la soluzione migliore».

Per molti è Milano. Lei non è d’accordo? «Dal punto vista logistico possiamo pensare a Milano per tutte le ragioni che conosciamo: per la nostra storia, per i pendolari, per il lavoro, perché è sede della Regione. Ma tutti questi fattori non hanno al momento una prospettiva. Così come non ci darebbe prospettive l’unione con Cremona o Pavia, per quanto vi siano affinità territoriali dal punto di vista morfologico e identitario. Rischieremmo di fondere territori privi di rappresentanza istituzionale. L’area vasta ha un senso dal punto di vista potenziale,ma la normativa del Pd non ci dà questa garanzia. Dunque non prendiamoci in giro».

E quindi? «Vogliamo andare con Milano? Bene, prima però dobbiamo capire quanto peso politico e istituzionale è disposta a dare Milano al Lodigiano. In questo momento non conosciamo i termini con i quali potremmo entrare nella Città metropolitana. Non solo perché la riforma del Titolo V ancora non c’è, ma anche perché sul futuro del Lodigiano manca un vero confronto fra le istituzioni del territorio».

Si spieghi meglio... «Vogliamo investire sui fiumi e sull’indotto turistico che può derivare da questa risorsa del territorio? Vogliamo dare un futuro al distretto agricolo e di ricerca con il Parco tecnologico e l’Università veterinaria? Bene, confrontiamoci. Poi però se porteremo le nostre proposte a Milano dovremo essere certi che vengano prese in considerazione».

E come si fa ad avere questa certezza? «Se l’area metropolitana dipenderà solo dal comune di Milano di vantaggi non ne avremo. O si trova una soluzione che preveda che contino anche gli altri territori, oppure i nostri problemi non li risolveremo neanche nella Città metropolitana».

Dipenderà molto da chi ci rappresenterà. C’è anche chi vorrebbe che fossero i migliori imprenditori del territorio, lei che dice? «Gli imprenditori devono fare impresa, e ci sono quelli che la fanno molto bene. E La politica deve fare la sua parte. Non ci si deve sostituire gli uni agli altri. La domanda che però dobbiamo farci è se il Lodigiano potrà essere rappresentato, non chi andrà a rappresentarci. In ogni caso in un paese democratico la rappresentanza viene espressa da elezioni. Quelle elezioni che il Pd non ha più voluto per le Province. Io credo che nella futura area metropolitana il Lodigiano sarà rappresentato al meglio da chi sarà eletto dai cittadini, ma il passaggio prima sarà quello di avere la certezza di poter portare le nostre questioni a Milano e non finire per essere il cestino della Città metropolitana».

Non è l’unico ad avere questo timore… «Faccio un esempio. Prendiamo l’impianto di stoccaggio di Cornegliano autorizzato dal ministero dell’Ambiente. Un conto sarebbe stato avere un filo diretto con la Provincia di Lodi per far capire al governo che la scelta è sbagliata e pericolosa. Un conto è cercare di farsi ascoltare, e da chi ancora non lo sappiamo».

Questo di Cornegliano è un problema che coinvolge l’intero territorio. «Domani il rischio è che il Lodigiano diventi lo scarico delle iniziative più critiche della Città metropolitana. Non vorrei che se si dovesse fare una discarica la si facesse qui perché il territorio è il più debole. Il precedente della Polenghi è emblematico: avremmo dovuto fare in modo che restasse lodigiana, invece siamo stati deboli. Questo mi fa dire che prima di chiederci chi ci dovrà rappresentare, dovremo avere le idee chiare su cosa vogliamo fare. O qualcuno ci dà le garanzie, o se no rischio è di non contare davvero niente. E non so se la città metropolitana potrà darci queste garanzie».

Insomma, l’addio alle province è stata una iattura. È questo che pensa? Sarebbe in buona compagnia… «Alcune province erano troppo piccole? Si sarebbero potute fare altre valutazioni e prevedere semplicemente degli ampliamenti, stabilire un minimo di 300- 350mila abitanti per provincia. La riforma avrebbe avuto un senso».

E Lodi come si sarebbe potuta ampliare? «Avremmo potuto chiedere al territorio di Crema se fosse stato disposto a fare una valutazione con noi. Sarebbe stata una possibilità logica. Così invece, nella Città metropolitana o nell’area dell’asse del Po, rischiamo di non contare niente, con l’aggravante che i costi saranno maggiori rispetto a prima».

Si riferisce alla famosa analisi della Corte dei conti? «Sì, ha documentato come la sostituzione delle Province con le Città metropolitane e le aree vaste sarebbe costata di più. Tra i soldi stanziati per le Città metropolitane e i tagli ai comuni, la riforma Delrio costerà di più agli italiani. L’ultimo stanziamento previsto per le città metropolitane, stabilito per decreto prima dell’estate, è di 500 milioni di euro. E intanto ci sono comuni sempre più in difficoltà».

Dubita che questi 500 milioni possano essere spesi bene? «Dico che la Provincia sarebbe costata meno e che sarebbe stata il giusto ente intermedio tra il Lodigiano e la Regione. Il punto è che la riforma costituzionale è tutta sbagliata. È un ritorno agli anni ’70, agli anni del buco della spesa pubblica che ha causato negli anni ’80 l’enorme debito pubblico che stiamo pagando. Lo sa dove va a finire l’utile di 54 miliardi di euro prodotto in un anno dalla Lombardia?».

Dica. «Va a tappare i buchi causati da altre Regioni e dalle amministrazioni locali. E se parliamo di denaro speso male, non dimentichiamoci i 3 miliardi di euro spesi in due anni e mezzo dall’Italia per l’accoglienza degli immigrati, con le cooperative che prendono fior di quattrini. Un grosso problema gestito malissimo dal governo centrale, che ne ha fatto un business».

Torniamo ai territori… “Per noi la vera riforma sarebbe stata il federalismo fiscale, anche per tutelare le identità culturali. E’ quello che chiede la Regione. Il governo invece toglie deleghe e competenze alle Regioni e accentra i poteri. Così com’è ora la riforma comporterà il fatto che i territori non conteranno più niente. Il contrario di ciò di cui ha bisogno l’Italia”.

Per averne la certezza bisogna aspettare la riforma del Titolo V. Oppure pensa che non andrà in porto? «Il governo non ha i numeri per portarla a casa. O Renzi decide di trattare con la minoranza interna, oppure dovrà trattare con Berlusconi. Ma, al di là della scelta che farà, il risultato è che ci sarà un compromesso. E se il compromesso sarà la modifica di alcuni punti della riforma, allora ci dovranno essere altri passaggi parlamentari. Ma se la riforma andrà in porto così com’è ci saranno gravi conseguenze».

Di che tipo? «I territori potrebbero decidere di riprendersi l’autonomia».

Sul possibile addio alla prefettura di Lodi cosa dice? Alla Lega le prefetture sono sempre rimaste indigeste… «Penso che l’accorpamento con Pavia sia un beneficio per i lodigiani. Le prefetture sono inutili e andrebbero cancellate. Siamo però assolutamente contrari agli accorpamenti di questure e comandi dei vigili del fuoco. La sicurezza dei cittadini non può essere in alcun modo messa a rischio. E’ un provvedimento al quale noi ci opporremo con fermezza».

Zero fiducia sul futuro del Lodigiano? «Dal nostro punto di vista è importante che si riapra il dibattito sul federalismo fiscale. Va spiegato che questa riforma è un errore clamoroso che toglierà potenzialità e autonomia a tutti i territori. E vorrei che i cittadini sostenessero il referendum consultivo per una maggiore autonomia della Regione, un’iniziativa che dovrebbe essere supportata da tutti, a destra e a sinistra. Chi la critica porta al suicidio i territori».