INTERVISTA DI MATTEO SALVINI A LIBERO: COSI’ HO SCALATO LA LEGA

salvini19 Dicembre 2016 - «Io l’avevo detto proprio a voi. Libero, 14 agosto 2016: “Matteo Renzi non mangia il Panettone”. Mi prendevano per matto, si è inesorabilmente verificato». Onorevole Salvini, dove nasconde la sfera di cristallo?  «In strada. Sono stato il solo a prevederlo perché ormai sono l’unico leader di partito che va tra la gente. Da segretario della Lega Nord sono reduce da un fine settimana a Palermo, per raccogliere firme per il voto anticipato. Feci quella profezia per quello che respiravo nell’aria. Visitando le aziende, le scuole, i circoli, avevo avvertito la voglia di cambiamento, quella che non passava attraverso i tg Rai, secondo cui il premier guariva gli infermi». E la gente cosa le dice?  «Che ha problemi a tirare avanti. Prima di perdere il referendum, Renzi ha perso il contatto con la realtà. Ha cominciato a credere alle balle che raccontava. Sono convinto che ogni volta che andava in tv a dire di aver abbassato le tasse regalava un punto al fronte del No».

Pensa anche che l’ex premier sia già nella parte calante della sua parabola? «No, è ancora sostenuto dai poteri forti, i grandi sconfitti del referendum. Se è riuscito a imporre ancora la Boschi, non si può certo dire che sia al tramonto. In primavera si candiderà premier per il Pd». Partirà dal 40% di consenso personale ottenuto dal referendum, almeno così sostiene…  «Non è un calcolo corretto. Molto più vero che il 60% degli italiani pur di mandarlo a casa è stata disposta a tenersi 315 senatori e tutto il Cnel. Significa che l’odio verso la Casta è inferiore a quello verso di lui». Sempre per questa vicenda dello storyballing?  «Perché si è proposto come rottamatore ma non ha rottamato nulla se non i rivali di partito. I problemi dell’Italia stanno ancora tutti lì». Anche lei è un bel rottamatore: la vecchia classe dirigente della Lega è una razza in estinzione…  «Forse lo sono, ma senza infamate. Nessuno conserva miei sms dove gli raccomando di stare sereno». Com’è riuscito a scalare il partito, la ricordo ragazzo a curare le pagine delle lettere della Padania con Bossi. Certe urlate…  «Sono salito ascoltando e tenendo i piedi per terra». Basta questo?  «È molto. Comunque la scalata al partito non era cercata, è arrivata casualmente, in seguito a particolari circostanze non a realizzazione di un progetto strategico personale». Mi racconti…  «Tre anni fa, dopo gli scandali dei diamanti e il periodo delle ramazze, la Lega era ai minimi, al 3%. Se alle Europee non arrivavamo al 4% eravamo fuori. Era una patata bollente che nessuno voleva gestire, io al partito ho sempre tenuto, ho passione e mi sono fatto avanti, senza trovare grande concorrenza». Come mai i militanti l’hanno seguita subito?  «Ho la tessera dal 1990, mi hanno visto per 25 anni a Pontida, nei banchetti. Non sono un improvvisato». È stata una rottamazione silenziosa ma inesorabile quella che lei ha attuato nella Lega…  «Non è così. C’è stato un avvicendamento fisiologico ma molti della prima generazione ci sono ancora e in ruoli chiave, da Maroni a Calderoli. Non ho cacciato nessuno, come invece fece Bossi con Comino e Comencini quando erano segretari nazionali di Piemonte e Veneto». Già, Bossi: perché le sta sparando addosso a palle incatenate?  «Credo sia normale, lui è legato al progetto originario. Mi dice “resta al Nord”, è convinto che funzionino unicamente gli schemi di vent’anni fa e che la gente lo segua solo perché è un mito. Ma non è più così, la Lega deve vivere nel suo tempo». La vostra crescita si è fermata. «Non direi, Nel 2016 abbiamo raggiunto il massimo storico di iscritti, abbiamo trecento sindaci e 1300 sedi locali. Solo il Pd è più radicato di noi sul territorio». Da 3 a 16: qual è il segreto del boom?  «Gli elettori in potenza c’erano tutti, andavano solo motivati. L’ho fatto andando in giro per la provincia. Chiavari, Mondovì, Voghera, Rovigo. I posti dove non va Renzi. Scelte nette e comprensibili, come sull'euro. Mi consigliavano: “Chiedi le due monete” ma io ho detto no. O dentro o fuori. E poi la lotta alla Fornero, l’immigrazione, l’aliquota fiscale unica al 15%: messaggi chiari e temi che interessano gli elettori». Bossi sostiene che tradisce gli ideali originari, trent’anni di pensiero leghista? «Non è vero, l’autonomia è al primo punto del programma. I nostri governatori, Maroni e Zaia, si stanno battendo per i referendum regionali sull’autonomia». Anche per questo però Salvini premier è un’utopia?  «E perché?». Noi con Salvini non ha sfondato al Sud e per governare bisogna vincere in tutta Italia...  «Alle Comunali di Roma la Lega ha preso la stessa percentuale ottenuta in Liguria un anno e mezzo fa. Certo, non mi presenterò come Lega Nord nel Mezzogiorno, anche se Borghezio è europarlamentare grazie ai voti dei romani. Ma io credo sia giusto presentare laziali a Roma e siciliani a Palermo: ci sarà una federazione nazionale con un progetto comune con la Lega e candidati rappresentativi dei territori». Cambierà nome alla Lega? «Non lo so. Prima vinco le elezioni Politiche con questa federazione e un programma in cinque punti, poi ci penso». Nel frattempo ha slittato il congresso: paura di misurarsi con il dissenso nel partito?  «Nella scorsa primavera ci sono state le Amministrative, poi sei mesi di campagna referendaria. Credo che si andrà a votare in aprile, per questo non faccio il congresso, non si possono fare troppe cose». Tempo fa ha annunciato il limite di due mandati parlamentari per gli onorevoli leghisti: non saranno contenti in tanti…  «Se c’è una cosa che non mi preoccupa è la classe dirigente leghista. Abbiamo una squadra fortissima, non avrei i problemi che ha avuto Renzi a selezionare i ministri». Nessuno però conosce questa classe dirigente: non sarà che li nasconde troppo?  «Se un leghista mi attaccasse, finirebbe in tv tutti i giorni. Suggerirò a qualcuno di farlo in modo che abbia lo spazio che merita». A proposito di classe dirigente, cosa ne pensa di quella di M5S?  «Che la qualità della classe dirigente è una delle grandi differenze tra noi e i grillini, come è evidente nella catastrofe di Roma». Beh, ma lì più che altro sembra inadeguata la Raggi…  «Eh no, quella è una catastrofe di partito. La Raggi si sta rivelando come Marino ma meriti e colpe non sono di uno solo; se va male, significa che sono tutti incapaci». A differenza dei leghisti mi sembrano molto litigarelli…  «A Roma hanno perso i primi sei mesi in beghe personali ma anche in nazionale, tra Fico, Di Maio e Di Battista, è lo stesso». Molte battaglie però voi e M5S le avete in comune…   «A Bruxelles, con qualcuno di loro si dialoga, sull’euro da abbattere, sull’uscita dalla Ue se non cambiano i trattati. Ma poi a Roma cambia tutto. Loro di fatto hanno posizioni di estrema sinistra su immigrazione, reddito di cittadinanza, lavoro. La Raggi potrebbe essere un sindaco del Pd. E anche sulla moneta unica sono ambigui: propongono il referendum contro l’euro ma è una perdita di tempo, anche perché sarebbe solo consultivo. Io metto nel programma di governo la sovranità monetaria e bypasso il problema». Molti elettori però basculano tra voi e M5s…  «Molti elettori di centrodestra li hanno votati, specie al Sud. Oltre al recupero dell’astenionismo, è quello il bacino di voti dove voglio pescare per il progetto di federazione». Esclude una collaborazione di governo nel caso cambiasse la legge in senso proporzionale? «La collaborazione la escludo solo con il Pd e con Alfano. Ma certo, i grillini sono ambigui e poco affidabili. E poi io non sono per il proporzionale ma per il Mattarellum». Il proporzionale non le converrebbe di più?  «Prenderei tanti parlamentari ma non potrei mai governare. Io punto al governo». Per farlo deve convincere Berlusconi a sostenerla: ce la farà?  «Sto già dialogando con una parte importante del centrodestra. Con Toti di Forza Italia, con Fitto, con la Meloni. Anche Alemanno ha firmato la mia petizione per il voto anticipato». Ma sappiamo tutti che a portare i voti è Berlusconi…  «Il suo schierarsi per il No è stato importante al referendum: l’80% degli elettori azzurri ha seguito le sue indicazioni. Io credo di avere le parole giuste per convincerlo». E quali sarebbero?  «La flat tax, che porta soldi agli imprenditori, la sovranità monetaria, la lezione di Trump: coerenza, idee chiare, onestà e attenzione agli elettori sono vincenti più di nazareni e intese di governo. Non è epoca da mezze misure e da democristiani». Riecco il Salvini delle ruspe: non pensa che i suoi toni forti spaventino molti potenziali elettori?  «Io non sono solo toni forti. Quando vado in tv e mi metto a parlare di economia, porti, ambulanti, agricoltura, mi dicono “taglia” e mi chiedono di sicurezza e immigrazione. Per questo giro l’Italia e non solo gli studi tv, per poter parlare a tutto il Paese con toni rassicuranti e temi magari noiosi ma pratici e utili al Paese». Sfiderà il Cav alle primarie?  «Non lo so. Certo, faremo le primarie per andare al voto con candidati scelti dagli italiani. Preferisco chiarire alcuni nodi ed eventualmente scontrarmi, anche con Berlusconi, prima ma poi trovare un accordo e andare a vincere insieme». In Austria l’estrema destra ha appena perso…  «Brexit e Trump sono segnali inequivocabili che il vento sta cambiando. In Austria la destra ha fatto un miracolo. IL 2017 sarà un anno decisivo. La destra prenderà l’Olanda e la Francia, e Berlusconi si convincerà a correre insieme». In Francia i sondaggi dicono che vincerà il gollista Fillon…   «È la riprova che vincerà la Le Pen. I sondaggi prevedono sempre l’opposto di quel che accade».

di Pietro Senaldi  @PSenaldi

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